Nel cammino degli “stemmati” il terzo incontro è stato dedicato a brani scelti del secondo libro delle Confessioni di Agostino.
Si è notato che potrebbe assolutamente trattarsi di un autore contemporaneo… se fosse così bravo nello scrivere!

Abbiamo approfondito i temi agostiniani dell’Ordo Amoris, dell’Uti et Frui, della misericordia nel male non commesso.

Oratorio S. Rita, 9 maggio 2017

LE CONFESSIONI DI AGOSTINO II libro

La scoperta del sesso

1          2.Niente altro mi attraeva allora, se non amare e sentirmi amato. Ma non mi tenevo nei limiti dell’amore di anima ad anima, nel confine luminoso dell’amicizia. Emanavo invece dalla concupiscenza della carne e dalle effervescenze della pubertà un vapore, che offuscava il mio cuore.

2          4.Mi scatenai, sventurato, abbandonandomi all’impeto della mia passione e staccandomi da te; superai tutti i limiti della tua legge… Ma Tu eri sempre presente con i tuoi pietosi richiami, cospargendo delle più disgustanti amarezze tutte le mie delizie illecite per indurmi alla ricerca della delizia che non disgusta. Dove ero, come trascorsi quel sedicesimo anno di età della mia carne, quando prese il dominio su di me, ed io mi arresi a lei totalmente, la follia della libidine, concessa dall’onorabilità pervertita degli uomini, ma non dalle tue leggi?

3          5.Quell’anno interruppi  i miei studi. Richiamato da Madaura, una città vicina, ove in precedenza mi ero trasferito per studiare letteratura ed eloquenza, ero in cerca di soldi necessari per andare a studiare a Cartagine, secondo le ambizioni di mio padre, ma non secondo le sue finanze.

4          6.Quando dunque, in quel sedicesimo anno, tornai presso i miei genitori e dalle strettezze della mia famiglia fui ridotto all’ozio, senza alcun impegno scolastico, i rovi delle passioni crebbero oltre il mio capo senza che fosse là una mano a sradicarli. Anzi quel mio padre, al vedermi un giorno ai bagni ormai cresciuto nella pubertà e già ben fornito di organi genitali, fu come colto da una gioia smaniosa per i nipoti che gliene potevano nascere e lo riferì festante a mia madre.

Lei mi chiedeva di astenermi dal sesso e specialmente da rapporti carnali con qualsiasi donna. Io li prendevo per ammonimenti di donnicciuola, cui mi sarei vergognato di ubbidire. Invece venivano da te. Ignaro procedevo dritto verso l’abisso, tanto cieco da vergognarmi fra i miei coetanei di non essere spudorato quanto loro. Al sentirli esaltare le loro bravate e tanto più gloriarsene quanto più erano indegne, cercavo di fare altrettanto, non solo per il piacere dell’atto in sé, ma altresì della lode che ne ottenevo. Quando mancavo di colpe che mi uguagliassero ai malvagi, inventavo fatti che non avevo fatto per timore di apparire tanto più vile quanto più ero innocente e di essere giudicato tanto più spregevole quanto più ero casto.

Un furto

1          9 Nelle vicinanze della nostra vigna sorgeva una pianta di pere carica di frutti d’aspetto e sapore per nulla allettanti. In piena notte, dopo aver giocato in piazza fino a tardi, come usavamo fare maleducatamente, ce ne andammo, giovinetti strafottenti quali eravamo, a scuotere la pianta, di cui poi rubammo i frutti. Venimmo via con un buon carico e non per mangiarne, ma per tirarli addirittura ai porci. Se alcuno ne addentammo, fu soltanto per il gusto dell’ingiusto. Così è fatto il mio cuore, o Dio, così è fatto il mio cuore, di cui hai avuto misericordia mentre era nel fondo dell’abisso. Ora, ecco, il mio cuore ti confesserà cosa andava cercando laggiù, tanto da essere malvagio senza motivo, senza che esistesse alcuna ragione della mia malvagità. Era laida e l’amai, amai la morte, amai il mio annientamento. Non l’oggetto per cui mi annientavo, ma il mio annientamento in se stesso io amai.

2          10.Siamo tutti attratti dalla bellezza nei corpi, e dall’oro e l’argento, e cose simili desideriamo al solo vederli; riguardo al tatto, siamo attratti moltissimo dal contatto della carne e dei bei corpi. Anche l’onore del mondo, il potere, il dominio esercitano su di noi una loro attrattiva, origine fra l’altro nell’uomo del desiderio di vendetta. Tuttavia per ottenere tutti questi beni non occorre allontanarsi da te, Signore, né scegliere di peccare. La vita stessa che viviamo qui sulla terra possiede un suo fascino, ha una grazia sua propria, con tutte le altre bellezze dell’universo. E l’amicizia fra gli uomini non è forse deliziosa per l’amabile legame con cui unisce molte anime? Tutte queste cose e altre simili sono fonte di peccato soltanto nel caso che ad esse tendiamo smoderatamente e per esse, che sono beni inferiori, trascuriamo gli altri migliori e sommi: te, Signore Dio nostro.

Perché il male ci attrae?

1          11.Perciò, il motivo di un misfatto è, di solito, la brama di possedere un bene, oppure il timore di perderlo, perché anche un bene inferiore possiede bellezza e grazia. Ad esempio, qualcuno ha ucciso: perché l’ha fatto? Perché desiderava sua moglie o il suo tesoro, oppure temeva di perdere uno di questi beni per mano del morto, oppure era arso dal desiderio di vendicare un affronto subito. Qualcuno avrà mai commesso un omicidio senza ragione, per il solo piacere di uccidere un uomo?

2          12.Ma io, sciagurato, cosa amai in te, o furto mio, o delitto notturno dei miei sedici anni? Non eri bello, se eri un furto; anzi, sei qualcosa, per cui possa rivolgerti la parola? Belli erano i frutti che rubammo, perché opera delle tue mani, o Bellezza massima fra tutte, creatore di tutto, Dio buono, Dio sommo bene e bene mio vero. Belli, dunque, erano quei frutti, ma non quelli voleva la mia anima miserabile, poiché ne avevo in abbondanza di migliori. Eppure colsi proprio quelli al solo scopo di commettere un furto.

3          15. Signore, ti renderò grazie e confesserò il tuo nome, poiché mi hai perdonato ogni malvagità commessa. Attribuisco alla tua grazia e alla tua misericordia il dileguarsi come ghiaccio dei miei peccati; attribuisco alla tua grazia anche tutto il male che non ho commesso. Cosa non avrei potuto fare, se amai persino il delitto in se stesso?

Le cattive compagnie

1          17.Il motivo era il riso, che ci solleticava il cuore, al pensiero di ingannare quanti non sospettavano un’azione simile da parte nostra e ne sarebbero stati fortemente delusi. Perché dunque godevo di non agire da solo? Forse perché non è facile ridere da soli? Certo non è facile, però avviene talvolta di essere sopraffatti dal riso anche stando soli, tra sé e sé, alla presenza di nessuno, se vediamo o ricordiamo qualcosa troppo ridicola. Invece io quell’atto da solo non l’avrei compiuto, non l’avrei assolutamente compiuto da solo. Oh amicizia inimicissima, seduzione inesplicabile dello spirito, avidità di nuocere nata dai giochi e dallo scherzo, sete di perdita altrui senza brama di guadagno proprio o avidità di vendetta! Uno dice: “Andiamo, facciamo”, e si ha pudore a non essere spudorati.

2          18.Chi può sbrogliare un nodo così aggrovigliato? Non voglio più riflettervi, non voglio guardarlo. Voglio te, giustizia e innocenza bella e ornata delle tue pure luci e di un’insaziabile sazietà. Accanto a te una pace profonda e una vita imperturbabile. Chi entra in te, entra nel gaudio del suo Signore; non avrà timori e si troverà sommamente bene nel sommo Bene. Io mi dispersi lontano da te ed errai, Dio mio, durante la mia adolescenza per vie troppo remote dalla tua solida roccia. Così divenni per me una regione desertica.

Ecco il testo estrapolato dal secondo libro delle Confessioni, che abbiamo letto in oratorio: