I LETTORI CONTINUANO A SCRIVERCI…

 

Caro Padre,

Le scrivo per qualcosa che mi turba e che ho bisogno di capire. Il peccato e la confessione. Perché non sento il dolore del mio peccato? Perchè Gesù non mi dà la possibilità di capire anche fisicamente l’orrore del mio peccato? Poi penso che forse sono solo i Santi che hanno questo privilegio dolorosissimo, penso a Padre Pio, a San Francesco e a Santa Rita ed allora mi rendo conto che forse non sarei in grado di sopportare una tale sofferenza ma almeno per un attimo capirei l’orrore che faccio peccando. Come posso capire il male che faccio peccando? Come faccio ad essere un vero figlio pentito senza dovermi far perdonare migliaia di volte?

Certo, non debbo essere presuntuoso nel non voler più peccare, ma confessare sempre lo stesso peccato o gli stessi peccati non è forse sintomo di incoerenza e di una confessione fatta in modo superficiale?

Mi spieghi Padre o almeno mi guidi nel capire il senso profondo del peccato.

Cordialmente

Marco

Caro Marco,

se il Signore non ti fa sentire il dolore sensibile dei tuoi peccati è senza dubbio perché vuole esserti davvero Padre. Un padre, infatti, guarda sempre con amore tutto ciò che si agita nei suoi figli, ma aspetta. Non entra mai con forza nella nostra vita perché tiene alla nostra libertà più di quanto potremmo immaginare e più di quanto ci teniamo noi. E che lui tiene alla nostra libertà vuol dire che aspetta che maturiamo noi, nel contendere con la vita, il bene.

Per esempio: non ti sei accorto che il disagio che soffri per la tua insensibilità al dolore per i peccati è già un dolore esso stesso? Vuol dire che capisci che cos’è il peccato e perfino le sue conseguenze. Se non ti fosse chiaro tutto questo, vivresti tranquillo e senza agitarti.

Non è poco.

Tu chiedi: come faccio ad essere un vero figlio pentito senza dovermi far perdonare migliaia di volte? Dovresti fare attenzione – ma lo riconosci tu stesso – a non pretendere da te l’impossibile, e l’impossibile non è il non peccare mai ma quel tipo di perfezione mondana che non ha proprio niente a che fare con la perfezione evangelica. Pensare la vita come la pensano, oggi, la maggior parte degli uomini è il pericolo più grande che si possa temere perché ci porta fuori dal pensiero di Dio, e purtroppo ci si cade spesso, anche senza accorgersene. Lo stesso Pietro ci è caduto quando si è permesso di rimproverare Gesù dopo l’annuncio della sua passione, morte e resurrezione. E Gesù è durissimo con Pietro e gli dice addirittura “va dietro a me, Satana, perchè tu non pensi secondo Dio ma secondo gli uomini” (Mc 8, 27-33).

Dio non sa che farsene di un uomo che non sbaglia mai, anche perché un uomo così non esiste. Dio vuole un uomo, uno che sa riconoscere la sua debolezza e la sua impotenza, uno che grida la sua povertà e sa alzare lo sguardo verso di Lui. Dio ha bisogno che tu gli sia figlio, che gli permetta di amarti sempre, di perdonarti sempre. Non fai del male a Dio se lo costringi a perdonarti migliaia di volte; non fai altro che permettergli di esserti padre.

Confessare sempre gli stessi peccati potrebbe sembrare a prima vista incoerenza o superficilità, come dici tu, ma il Signore ci conosce bene e sa meglio di noi che la coerenza non potrà mai essere una nostra riuscita ma una sua grazia, un suo dono. Allora bisognerà domandargliela, con tutta l’umiltà di cui siamo capaci. Questa è la nostra pace. Questa sarà la tua pace.