Per una “spiritualità del pellegrinaggio”

L’immagine del cammino comporta quella della fatica, del tempo da trascorrere nel deserto, delle insidie e degli ostacoli da superare. Eppure il cammino, secondo l’esperienza dei pellegrini, non consuma le forze, non spegne il desiderio, non induce allo sconforto, non fa spazio alla tentazione di “tornare indietro”
o di abbandonare la carovana, finché resta viva la promessa di Dio e l’attrattiva della città santa. Il popolo in cammino condivide l’esperienza: «Cresce lungo il cammino il suo vigore» (Sal 84,8)

Propongo che l’anno pastorale 2018/2019 sia vissuto come occasione propizia perché le comunità e ciascuno dei credenti della nostra Chiesa trovino modo di dedicarsi agli “esercizi spirituali” del pellegrinaggio. Gli esercizi che raccomando sono l’ascolto della Parola di Dio, la partecipazione alla celebrazione eucaristica, la preghiera personale e comunitaria. Si direbbe “le pratiche di sempre” o anche peggio: “le solite cose”. Ma noi non abbiamo altro. Noi credenti, discepoli del Signore, non abbiamo altre risorse, non abbiamo iniziative fantasiose, proposte che stupiscono per originalità o clamore, non andiamo in cerca di esperienze esotiche. Non abbiamo altro che il mistero di Cristo e le vie che Cristo ha indicato per accedere alla sua Pasqua e così essere «ricolmi di tutta la pienezza di Dio» (Ef 3,19). Non abbiamo altro, ma quello che abbiamo basta per la nostra salvezza e la nostra speranza, basta per il nostro pellegrinaggio e per entrare nella vita eterna.

Il popolo in cammino si lascia condurre dalla luce della Parola di Dio

 

«Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino» (Sal 119,105). Il popolo che si inoltra nel deserto per rispondere al Signore che lo chiama a libertà, il credente che vive la sua vita come vocazione e decide di compiere la volontà di Dio invoca ogni giorno: «A te grido, Signore, mia roccia, con me non tacere: se tu non mi parli, sono come chi scende nella fossa» (Sal 28,1).

Il Padre ha parlato e si è rivelato nel Figlio suo Gesù e ha mandato lo Spirito Santo per ricordarci le parole di Gesù. La Parola di Dio non è in primo luogo un libro da studiare, ma quella confidenza che Gesù ci offre, perché la sua gioia sia in noi e la nostra gioia sia piena (cfr. Gv 15,11). Nel contesto liturgico è annunciata la Parola perché tutti la possano ascoltare e ne siano consolati e illuminati.