Nella prima lettura di questa domenica troviamo Elia, uno tra i più grandi profeti, in fuga. E’ sfinito, si sdraia sotto una ginestra, stanco, sfiduciato, desidera morire. E non è forse vero che capita anche a noi in certi momenti della vita, di essere sopraffatti dalla fatica, dalla tristezza? La morte, prima che nel corpo, ci raggiunge nel cuore. Come se si fermasse il battito della vita.

Non si vedono più i colori, non si sentono più i sapori.

Uno sfinimento cui sembra non bastare quella focaccia e quel sorso d’acqua. Troppa la debolezza fisica e la disperazione.

Che cosa può risvegliarci da una depressione, da una paralisi,

da una voglia di lasciarci andare e di farla finita?

Il tocco dell’angelo, la focaccia, l’acqua. Pane e acqua, cose semplici della vita.

Proprio quelle che ci ha lasciato Gesù e dentro le quali Lui ha voluto e vuole nascondersi: il pane, il vino l’acqua e la vita della Chiesa.

Questa è la sua carne, il pane che ci rianima

e ci nutre nel nostro faticoso cammino.