A Milano conobbi Ambrogio. Quell’uomo di Dio come un padre mi accolse
Ambrogio era per me un uomo qualsiasi, fortunato secondo il giudizio mondano perché riverito dalle massime autorità; l’unica sua pena mi sembrava fosse il celibato che praticava. Delle speranze invece che coltivava, delle lotte che sosteneva contro le tentazioni della sua stessa grandezza, delle consolazioni che trovava nell’avversità, delle gioie che assaporava nel ruminare il tuo pane entro la bocca nascosta del suo cuore, di tutto ciò non potevo avere né idea né esperienza. Dal canto suo ignorava anch’egli le mie tempeste e la fossa ove rischiavo di cadere.
Ogni domenica lo ascoltavo mentre spiegava rettamente la parola della verità in mezzo al popolo, convincendomi sempre più che tutti i nodi stretti dalle astute calunnie dei miei seduttori a danno dei libri divini potevano sciogliersi.
Agostino, Confessioni, VI, 3