L’inizio del cammino su Le Confessioni ha comportato un interrogativo sul senso appunto del genere letterario delle confessioni. Siamo poi passati a toccare vari temi di natura filosofica, fino a soffermarci sull’unica verità e le molteplici religioni.

Ecco il testo letto nel primo incontro.

Oratorio S. Rita, 18 aprile 2017

LE CONFESSIONI DI AGOSTINO

 

Perché mi confesso?

10,3,4 Le confessioni dei miei errori passati, da te rimessi e velati 15 per farmi godere la tua beatitudine dopo la trasformazione della mia anima mediante la tua fede e il tuo sacramento, spronano il cuore del lettore e dell’ascoltatore a non assopirsi nella disperazione, a non dire: “Non posso”; a vegliare invece nell’amore della tua misericordia 16, nella dolcezza della tua grazia, forza di tutti i deboli 17 divenuti per essa consapevoli della propria debolezza. I buoni, poi, godono all’udire i mali passati di chi ormai se ne è liberato; godono non già per i mali, ma perché sono passati e non sono più.

Chi sono io? Chi sei tu?

  1. 1. Tu sei grande, Signore, e ben degno di lode; grande è la tua virtù, e la tua sapienza incalcolabile 1. E l’uomo vuole lodarti, una particella del tuo creato, che si porta attorno il suo destino mortale, che si porta attorno la prova del suo peccato 2 e la prova che tu resisti ai superbi 3. Eppure l’uomo, una particella del tuo creato, vuole lodarti. Sei tu che lo stimoli a dilettarsi delle tue lodi, perché ci hai fatti per te, e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te.
  2. 4. Cosa sei dunque, Dio mio? Cos’altro, di grazia, se non il Signore Dio? Chi è invero signore all’infuori del Signore, chi Dio all’infuori del nostro Dio? 13. O sommo, ottimo, potentissimo, onnipotentissimo, misericordiosissimo e giustissimo, remotissimo e presentissimo, bellissimo e fortissimo, stabile e inafferrabile, immutabile che tutto muti, mai nuovo mai decrepito, rinnovatore di ogni cosa 14, che a loro insaputa porti i superbi alla decrepitezza 15; sempre attivo sempre quieto, che raccogli senza bisogno; che porti e riempi e serbi, che crei e nutri e maturi, che cerchi mentre nulla ti manca. Ami ma senza smaniare, sei geloso 16 e tranquillo, ti penti 17 ma senza soffrire, ti adiri 18 e sei calmo, muti le opere ma non il disegno, ricuperi quanto trovi e mai perdesti; mai indigente, godi dei guadagni; mai avaro, esigi gli interessi 19; ti si presta 20 per averti debitore, ma chi ha qualcosa, che non sia tua? Paghi i debiti senza dovere a nessuno, li condoni senza perdere nulla. Che ho mai detto, Dio mio, vita mia, dolcezza mia santa? Che dice mai chi parla di te? Eppure sventurati coloro che tacciono di te, poiché sono muti ciarlieri 21.
  3. 5. Chi mi farà riposare in te, chi ti farà venire nel mio cuore a inebriarlo? Allora dimenticherei i miei mali 22, e il mio unico bene abbraccerei: te. Cosa sei per me? Abbi misericordia, affinché io parli. E cosa sono io stesso per te, perché tu mi comandi di amarti e ti adiri verso di me 23 e minacci, se non ubbidisco, gravi sventure, quasi fosse una sventura lieve l’assenza stessa di amore per te? Oh, dimmi, per la tua misericordia, Signore Dio mio, cosa sei per me. Di’ all’anima mia: la salvezza tua io sono 24. Dillo, che io l’oda. Ecco, le orecchie del mio cuore stanno davanti alla tua bocca, Signore. Aprile e di’ all’anima mia: la salvezza tua io sono. Rincorrendo questa voce io ti raggiungerò, e tu non celarmi il tuo volto 25. Che io muoia per non morire, per vederlo.
  4. 6. Angusta è la casa della mia anima perché tu possa entrarvi: allargala dunque; è in rovina: restaurala; alcune cose contiene, che possono offendere la tua vista, lo ammetto e ne sono consapevole: ma chi potrà purificarla, a chi griderò, se non a te: “Purificami, Signore, dalle mie brutture ignote a me stesso, risparmia al tuo servo le brutture degli altri26? Credo, perciò anche parlo 27. Signore, tu sai 28: non ti ho parlato contro di me dei miei delitti, Dio mio, e tu non hai assolto la malvagità del mio cuore 29? Non disputo con te 30, che sei la verità 31, e io non voglio ingannare me stesso, nel timore che la mia iniquità s’inganni 32. Quindi non disputo con te, perché, se ti porrai a considerare le colpe, Signore, Signore, chi reggerà? 33.

 

 

  1. 9.Ed ora, ecco la mia infanzia da gran tempo morta, e me vivo. Tu però, Signore, sempre vivo e di cui nulla muore perché prima dell’inizio dei secoli e prima di ogni cosa cui pure si potesse dare il nome di “prima” tu sei e sei Dio e Signore di tutte le cose, create da te, e in te perdurano stabili le cause di tutte le cose instabili, e di tutte le cose mutabili si conservano in te immutabili i princìpi, e di tutte le cose irrazionali e temporali sussistono in te sempiterne le ragioni; dimmi dunque, ti supplico, Dio misericordioso verso questa tua creatura miserabile, dimmi: la mia infanzia succedette a un’altra mia età, allora già morta? A quella forse da me trascorsa nelle viscere di mia madre? Su questa mi fu dato invero qualche ragguaglio, e io stesso, del resto, vidi qualche donna incinta. Ma prima ancora di questa, o mia dolcezza, mio Dio? Fui da qualche parte, fui qualcuno? Chi potrebbe rispondermi? Non ho nessuno; né mio padre né mia madre poterono dirmelo, né l’esperienza altrui né la memoria mia. O tu ridi di me 39, che ti pongo tali domande, e mi ordini di lodarti piuttosto e confessarti per quanto so?
  2. 11.Ascolta, Dio: maledetti i peccati degli uomini! 47. Lo dice un uomo, di cui hai pietà, perché tu lo hai creato senza creare in lui il peccato. Chi mi rammenta i peccati della mia infanzia, se nessuno innanzi a te è mondo di peccato, neppure il bimbo, che ha un giorno solo di vita sulla terra 48? Chi me li rammenta, se non un piccino ora grande soltanto così, in cui vedo ciò che non ricordo di me stesso? Qual era dunque il mio peccato di allora? Forse l’avidità con cui cercavo piangendo le poppe? …  Dunque l’innocenza dei bambini risiede nella fragilità delle membra, non dell’anima. Io ho visto e considerato a lungo un piccino in preda alla gelosia: non parlava ancora e già guardava livido, torvo, il suo compagno di latte. È cosa nota, e le madri e le nutrici pretendono di saper eliminare queste pecche con non so quali rimedi; ma non si può ritenere innocente chi innanzi al fluire ubertoso e abbondante del latte dal fonte materno non tollera di condividerlo con altri, che pure ha tanto bisogno di soccorso e che solo con quell’alimento si mantiene in vita. Ciò nonostante si tollerano con indulgenza questi atti, non perché siano inconsistenti o da poco, ma perché destinati a sparire col crescere degli anni. Lo prova il fatto che gli stessi atti, sorpresi in una persona più attempata, non si possono più tollerare con indifferenza.