Fonte : Rivista del Santuario n. 2 del 2022 di Paolo Masciocchi

Il Santuario di S. Rita vive una doppia vocazione, religiosa e pastorale.

La vita convenutale della comunità agostiniana convive con l’impegno parrocchiale, nel contatto con il mondo, e un aspetto fondamentale di questa missione è legato alla formazione dei più giovani. Padre Marco Di Benedetto, viceparroco e sacrista, racchiude nel proprio ministero entrambe le sensibilità ecclesiali, ed è stato chiamato due anni orsono al ruolo di Direttore dell’Oratorio per realizzare la continuità dell’impegno educativo cristiano nel quartiere Barona, in un tempo non semplice. “Le restrizioni della pandemia hanno messo alla prova tutte le parrocchie milanesi. Molti coadiutori hanno inizialmente rinunciato agli oratori estivi, ma l’aspetto più delicato per tutti era (e rimane) il mantenimento di una comunità giovanile formata, in grado di trasmettere ai piccoli l’esperienza di un contatto cristiano autentico”. “In condizioni di distacco dalla vita comunitaria condivisa per diverse ragioni, sociali, religiose, e da ultimo sanitarie” prosegue il frate “l’incarico della direzione del nostro oratorio è apparso al di sopra delle forze di un religioso, e proprio per questo ha rafforzato la fiducia nel Signore per ciò che mancava”. “Il cambiamento che ne è sortito è un fatto positivo perché abbiamo sperimentato l’essenziale e aperto nuove vie di attenzione pastorale” rivela Padre Marco. L’oratorio, di solito frequentato da centinaia di bambini e decine di giovani, si è riscoperto luogo di aggregazione più ristretto, eppure veicolato ad una conoscenza più intensa tra chi partecipava, sia per i bambini, sia per gli animatori, tra i quali un gruppo di ragazzi di Gioventù Studentesca presenti solitamente come gruppo di studio, tra le aule oratoriane. “È stato un momento di riconoscimento reciproco progressivo salutare, rimasto nella memoria dei bambini e dei più grandi, con l’aspetto fondamentale di presentare l’oratorio come luogo dove fare esperienza di Gesù incarnato”. L’oratorio ha avuto come fulcro delle proprie attività, anche per l’anno successivo, la S. Messa celebrata prima dell’accoglienza, accogliendo l’adagio, caro all’Arcivescovo di Milano, per il quale “non è un oratorio, se non è un Cenacolo”. A dare ulteriore segno dei tempi, la Direzione dell’oratorio ha assunto una norma civile come spunto per il comportamento in oratorio: “La decisione di non consentire a chiunque di fumare all’interno dell’area parrocchiale frequentata dai minori è un segno di sobrietà che invita a ricordare un contegno per amore degli altri e per la vocazione dei luoghi. Con simile intendimento, abbiamo anche contribuito a diffondere una mentalità lontana dall’uso degli alcolici ad uso ricreativo, problema oltre-modo presente nel mondo giovanile oppresso dai disagi del tempo, che qui non viene incoraggiato”. Questa attenzione ai fondamenti, con l’avvicinamento della sfera mondana a quella sacrale, con priorità per la seconda, ricorda le parole del Divin Maestro nel Vangelo “Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel Regno dei Cieli” (Mt. 5, 20-26). Più precisamente, è percepibile dalle parole del religioso una visione agostiniana della giustizia, vissuta come conseguenza di una concordia che si forma tra persone che frequentano e condividono esperienze in un certo ambiente, senza aspetti di mondanità ad attrarre e senza il timore di non trovare consenso. “Tutte le attività pensate per i giovani sono una forma di missione, in cui deve apparire chiaro che si vivono insieme esperienze di condivisione senza forzature, e che ogni bene viene da una ricerca personale di Dio nella concretezza. Lì interviene anche la Provvidenza a sostenerci”. Un esempio emblematico di questo modello di vita comunitaria è la visita ai senzatetto presenti nel centro di Milano, ogni mercoledì. “Ci ritroviamo alle 20.30 e siamo impegnati fino alle 23, portando ai bisognosi i beni di prima necessità che i parrocchiani desiderano condividere e che portano in oratorio, dove è presente una cesta apposita nel bar”. Racconta il religioso che non tutti i giovani, inizialmente, hanno vissuto il servizio come un’esperienza di fede, eppure molti si sono lasciati toccare nel profondo, e la preghiera che ne è scaturita all’inizio e alla fine di ogni missione è divenuta una necessità condivisa. In questo modo sta maturando quel senso di accompagnamento, che fa della direzione dell’oratorio una progressiva direzione spirituale. “Ho il desiderio che anche lo sport vissuto in oratorio vada in questa direzione”. Padre Marco Di Benedetto confida molto nella catechesi, come mo-mento di sviluppo di un ambiente sempre più pervaso dalla ricerca delle cose sante, consapevole che il mondo non aiuta, ma va aiutato, compreso, trasformato passo passo. È il tempo in cui l’essenziale richie-de visibilità, a partire dal Cristo incarnato nelle piccole e grandi attività del mondo.