Un altro lettore ci scrive
La sua risposta alla lettrice assidua di RD è molto bella ma per una persona come me, molto pratica e pragmatica, diventa un po’ “generica”. Manca il calarla nella realtà di tutti i giorni… Cerco di spiegarmi. Io tutti i giorni cerco di comportarmi bene e così penso di non commettere peccato. Ma forse qualcosa mi sfugge… volgo lo sguardo altrove davanti a chi chiede? Non presto attenzione al mio vicino d’autobus? Come guardo la mia vita quotidiana? Non so se sono riuscito nell’intento…
La mia risposta non è generica ma è essenziale. Bisogna dire le cose come stanno, senza sconti né commenti. Il cristiano è innanzitutto uno che ama la verità, i comportamenti vengono dopo, sono conseguenti. Altrimenti si rischia che i nostri comportamenti diventino la verità, e questo è male. Il cristianesimo non è una dottrina astratta che bisogna calare nella realtà: se ti hanno insegnato così purtroppo ti hanno insegnato male e mi dispiace per te. Ma non è un problema: tutto si può recuperare.
Ma veniamo al tuo problema. Tu dici: “io tutti i giorni cerco di comportarmi bene e così penso di non commettere peccato ma forse qualcosa mi sfugge… “; ecco, forse quello che ti sfugge – ma non solo a te, a tutti – è che essere cristiani non significa comportarsi bene. Tutti cercano di comportarsi bene, anche quelli che cristiani non sono e molto spesso si comportano molto meglio di noi.
Essere cristiani è diverso: significa immedesimarsi con Cristo, con la sua persona perché lui è la verità. Se provi a far questo vedrai che non dirai più “penso di non commettere peccato”.
E per far questo basterebbe leggere con il cuore aperto il Vangelo oppure seguire Papa Francesco. Basterebbe questo. Mi spieghi perché San Carlo Borromeo o san Nicola da Tolentino si confessavano tutti i giorni? Avevano più peccati di noi? Ma per niente affatto; ma dal momento che loro si immedesimavano davvero con Cristo e la santa Chiesa si riconoscevano enormemente sproporzionati e insufficienti, vedevano cioè che la loro vita faceva acqua da tutte le parti. Avevano cioè ben chiaro il senso del peccato. Non il senso di colpa, il senso del peccato. Quello che oggi non ha quasi più nessuno. Perché oggi il termine di paragone con la propria vita non è più Cristo e la Chiesa ma le leggi dello Stato o i comportamenti della buona educazione. La mentalità laicista di oggi non sopporta più il male, cioè che un uomo possa essere così debole e fragile da aver bisogno di un Dio per guarire dai suoi mali.
Allora è giustissima e bellissima la domanda che ti poni: come guardo la mia vita quotidiana? E sì, perché la propria vita la si può guardare da tanti punti di vista. Bisogna vedere se il punto di vista da cui la guardi è sufficiente a rendertela piena, soddisfacente. Quando Pietro e gli altri apostoli hanno ricevuto lo Spirito Santo che cosa hanno ricevuto? Hanno ricevuto il punto di vista giusto da cui guardare la vita: Cristo. Tu mi dirai: ma come? Non l’avevano già ricevuto prima? Sì, ma non fino al punto da penetrarne l’intimo mistero e cioè che Cristo era davvero il punto di vista che spiegava ogni cosa.
Tu mi insegni che quando si va in montagna d’estate per le vacanze il punto di vista è decisivo per gustare un panorama. Se sei in un fondo valle vedi quel che vedi, ma se sali in cima a una vetta non vedi quel che vedi, vedi un meraviglioso panorama che non avresti mai potuto vedere e godere se fossi rimasto nel fondo valle. Ecco, nella vita cristiana è lo stesso. Spero di averti aiutato…