Si racconta che un giorno, Agostino in riva al mare meditava sul mistero della Trinità, volendolo comprendere con la forza della ragione. All’improvviso vide un bambino che con una conchiglia versava l’acqua del mare in una buca. Incuriosito Agostino gli domandò: «Che fai?» La risposta del bambino lo sorprese: «Voglio travasare il mare in questa mia buca». Sorridendo Agostino spiegò pazientemente che una cosa del genere era semplicemente impossibile. Il bambino, allora, diventò serio, e replicò: «Non è forse impossibile anche a te capire con la tua piccola mente l’immensità del Mistero della Trinità?». Detto questo, sparì.

La ricerca della verità fu una delle caratteristiche di Agostino, il quale fondò la sua comunità religiosa proprio per il desiderio di farsi aiutare dagli amici in questa ricerca. Infatti all’inizio della Regola che Agostino consegnò ai suoi amici e che tutt’ora è la Regola dei frati agostiniani, troviamo scritto:

 

Il motivo essenziale per cui vi siete insieme riuniti è che viviate unanimi nella casa e abbiate una sola anima e un sol cuore protesi verso Dio.

 

Per quanto possa essere leggendario, il racconto nasconde una profonda verità: noi, uomini post-moderni, pretendiamo di mettere le mani sul Mistero di Dio, di ridurlo alla nostra portata, ma la vita non lo permetterà mai.

Il piccolo Bambino ha più familiarità con il mistero divino di quanto non l’abbia la mente lucidissima di Agostino.

Allora? Questo significa che noi non potremo mai conoscere Dio?

Certo che possiamo conoscerlo e Abramo è il primo ad insegnarcelo: ospitandolo nella propria vita mentre Lui viene a trovarci… come ha fatto lui.

Padre Giuseppe