Quante volte ci capita di essere distratti e di non accorgerci addirittura delle cose essenziali, necessarie!

Potrebbe succederci di preoccuparci tanto di far bene tutto: le cose di casa, le scadenze, le bollette e quant’altro; di preoccuparci di essere andati a Messa, di aver fatto la preghiera a S. Rita, di passare a confessarci e di dimenticarci che domenica prossima inizia l’Avvento.

La liturgia non può diventare per noi una “routine”. Con essa la Chiesa ci educa a rivivere i misteri della nostra salvezza perché essi incidano nella nostra vita e la rendano migliore.

Proviamo allora a capire brevemente che cos’è l’Avvento.

Al tempo di Gesù in Palestina non si stava molto bene. C’erano i Romani invasori che opprimevano il popolo. La gente di Israele aspettava un Messia che avrebbe messo le cose a posto, che avrebbe liberato la loro terra dagli invasori in modo da assicurare a tutto il popolo pace e sicurezza.

Erano gente del deserto e come si sa nel deserto si muore e non solo dal caldo; allora quello che desideravano era che il deserto fiorisse e producesse fiori e frutti.

Insomma aspettavano qualcosa o qualcuno che facesse vivere meglio la vita.

Per loro era quello l’avvento.

Anche per noi potrebbe essere la stessa cosa: si vive male, ci sono tanti problemi in famiglia, ci sono le malattie che ci mettono tanta paura. Allora anche per noi l’avvento (cioè l’attesa) potrebbe essere qualcosa che ci fa star meglio e risolve tanti nostri problemi.

C’è un’attesa però che non è quella che abbiamo descritto. È l’attesa di Maria, di Giuseppe, di Zaccaria, del vecchio Simeone. L’attesa cioè di un Salvatore che venga tra noi ma non a rimettere a posto le cose ma a guarire il nostro cuore malato.

È questa la nostra attesa?